martedì 29 marzo 2011

Pagare per un po’ di felicità



Si rimane sconcertati alla lettura delle parole contenute nella recente ordinanza emessa dal Sindaco del Comune di Andria che ha l’obiettivo di contrastare il fenomeno della prostituzione nel nostro territorio.

Non nascondiamo di provare avversione per tutti quegli strumenti di controllo e pubblica sicurezza che trovano nella figura del "Sindaco sceriffo" la massima espressione di una politica securitaria leghista e xenofoba.

La suddetta ordinanza incarna la rappresentazione dell'ostentazione "muscolare" tipica del “senso comune” maschile. Più e più volte il testo dell'ordinanza ha come obiettivo unico la donna: sembra di assistere alla lettura di una scrittura antica che ha il solo scopo di ammonire il male, ovviamente incarnato dall'essere femminile, la “tentazione”, frutto di una cultura misogina.

Da premessa, nell’ordinanza si legge: “su strada in numerose arterie cittadine ed in particolar modo in alcuni tratti della Sp 231…”. Non vogliamo dare ripetizioni di diritto a nessuno, ma se la strada è provinciale, non è competenza della Provincia? Quali sono gli effetti che questa ordinanza potrà avere su tale strada? Nessuno.

Avremmo voluto dal Sig. Sindaco delle parole in maggiore sintonia col suo curriculum vitae: si legge nella sua biografia, oltre alle informazioni generali, che egli può vantare di essere componente della Commissione dei Diritti Umani della “F.B.E.” (Federazione Internazionale degli Avvocati). Un incarico che avrebbe dovuto rappresentare una garanzia per quante, vittime di tratta e sfruttamento, “adescano” i “poveri malcapitati” automobilisti, anche un po’ distratti (se è vero come affermato nel testo dell’ordinanza che gli incidenti aumentano vorticosamente in prossimità dei luoghi “obiettivo”). Porre come conditio sine qua non l’abbigliamento sconcio per il riconoscimento della meretrice, significa porre l’attenzione non sul fenomeno della tratta e dello sfruttamento della prostituzione, ma sul mantenimento demagogico e di facciata del “buon costume”. Ciò proprio alla luce delle notorie pubblicità e trasmissioni televisive che “INEQUIVOCABILMENTE” rimandano al problema da loro sollevato. Parliamo di onestà intellettuale.

E invece no…Il primo cittadino ha preferito, come gli ambientalisti, adottare del NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile"). Questo però non ci stupisce: tutto in linea con una politica che produce solo ed esclusivamente provvedimenti “civetta” volti a distrarre la pubblica opinione dalla vera realtà dei fatti.

Non volendo entrare nel merito specifico della questione, che rimandiamo agli esperti del settore che lavorano fianco a fianco delle vittime di tratta, di violenza e di sfruttamento, ci domandiamo allora il perché, rispetto alla sanzione prevista, che così stando le cose colpirebbe indiscriminatamente donne e “fruitori”, non si possa prevedere un supplemento a carico di questi ultimi se accertato lo sfruttamento in quanto complici, per nostra opinione, di reato.

Infine non sarebbe il caso di prevedere anche dei percorsi di educazione sentimentale agli affetti per i “poveri fruitori”? Dev’essere molto triste pagare per un po’ di felicità.

La segreteria cittadina

venerdì 25 marzo 2011

COMUNICATO STAMPA - Carta Giovani

Con la delibera n.37 del 2010, il Consiglio Comunale, approvò il “Convenzionamento con l’Associazione Carta Giovani Europea da parte del Comune di Andria – Indirizzi” (SEL espresse voto contrario). Qualche giorno dopo, tutti i partiti della maggioranza affissero un manifesto in cui si diceva che “la Carta Giovani è diventata realtà”, facendola apparire come uno strumento rivoluzionario che avrebbe cambiato le sorti dei giovani andriesi.

Qualcuno aveva dimenticato che bisognava avviare un percorso di coinvolgimento di tutti gli operatori commerciali della nostra Città, per dare un qualche senso a questa famigerata “Carta Giovani”.

Infatti, da quasi un anno, non si è sentito più parlare di questo dono arrivato dal cielo, fino a quando, dopo una discussione all’interno della quarta commissione consiliare, non sono apparsi in giro due manifesti che annunciavano finalmente il concepimento della Carta Giovani. Subito abbiamo pensato: “finalmente, questa carta diventerà realtà”. Scrutando i due manifesti, qualcosa sembrava non andare. Infatti, in un manifesto si chiedeva ai giovani di aderire entro il 15 Marzo e nell’altro si chiedeva ai commercianti di dare la propria disponibilità a sottoscrivere convenzioni per permettere ai possessori di questa carta di ricevere sconti.

A dir la verità, siamo rimasti un po’ delusi, perché il percorso che immaginavamo era un altro, composto di tre fasi: 1. richiesta di adesione degli operatori commerciali; 2. presentazione della carta e di tutte le convenzioni sottoscritte; 3. richiesta adesione dei giovani alla suddetta carta.

A quanto pare, però, l’Amministrazione pur di dimostrare che qualcosa è stato fatto, anche se è stato fatto male, ha seguito un percorso frettoloso che non permette un’adesione “consapevole” a tale carta. Inoltre, sinceramente non riusciamo a capire quale vero contributo possa dare questa carta, per migliorare le condizioni dei giovani andriesi, visti i tipi di molte convenzioni stipulate a livello nazionale.

Siccome pensiamo che tutto sia migliorabile e che soprattutto l’Amministrazione possa adottare una propria Carta Giovani, che non segua gli schemi di quella su citata, proponiamo all’Assessore Civita, alcune nostre idee di convenzione che potrebbero essere adottate per questa “Carta Giovani Andriese”.

Ecco alcune nostre proposte alle quali possono aggiungersene delle altre:

- Convenzioni con le diverse librerie presenti in Città;

- Sconti servizio di trasporto urbano;

- Sconti bike sharing;

- Sconti Bari- Nord;

- Possibilità di utilizzo del biglietto della Bari- Nord per lo spostamento, sui mezzi pubblici, all’interno del tessuto urbano;

- Mettere a disposizione (gratuitamente) dei giovani strutture comunali per lo svolgimento di attività culturali, sportive, ecc…

- Sconti sugli abbonamenti o biglietti delle varie iniziative culturali che si realizzano nella Città di Andria (Festival Castel dei Mondi, ecc…);

- Riduzione del costo abbonamento internet;

- Convenzione con il Cts.

Il nostro auspicio è che l’Assessore Civita accetti queste proposte per i nostri coetanei, non perché vogliamo una medaglia da apporre sulla nostra giacca o perché vogliamo affiggere manifesti per auto elogiarci o ammaliare qualcuno, ma perché solo chi vive la condizione di essere giovane al giorno d’oggi, sa quali sono i veri bisogni che ne derivano.

f.to I coordinatori di Sinistra Ecologia Libertà - Andria

Michele Lorusso - Valentina Lomuscio

giovedì 24 marzo 2011

APPELLO ALLA RESPONSABILITA' NAZIONALE ED INTERNAZIONALE


Noi iscritti al circolo SEL Andria consideriamo fondamento della politica estera italiana l'articolo 11 della nostra Costituzione, ed è alla luce di quanto contenuto in quell'articolo che abbiamo sviluppato un dibattito al nostro interno concernente i fatti libici in corso.

L'obiettivo primario dell'intervento internazionale dovrebbe essere la protezione dei civili e la pacificazione dell'area, al fine di permettere autonomamente al popolo libico di procedere a quelle riforme necessarie al suo benessere con la costituzione di un nuovo governo liberamente scelto dallo stesso.

La Risoluzione ONU 1973, adottata tardivamente, e' condivisibile nella parte in cui si chiede l'istituzione immediata di una tregua e la fine completa delle violenze ed attacchi ai danni dei civili, come anche il rafforzamento dell'embargo sulle armi verso la Libia. La suddetta Risoluzione, tuttavia, contempla anche l'autorizzazione all'uso di" tutti i mezzi necessari a proteggere i civili e la aree popolate dai civili": questa vaga e quanto mai ampia possibilità che gli Stati membri si sono data, non specifica né i limiti di un ormai effettivo intervento militare, né chiarisce le modalità ed i ruoli dei Paesi protagonisti dell'intervento e si sta applicando nel momento in cui il governo degli insorti non ha più il controllo di buona parte dei territori libici.

Peraltro si è andati oltre la no-fly zone sia in termini d’intensità di fuoco che di geografia di obiettivi. L'escalation di violenza è angustamente percepita come inevitabile, sentite anche le intenzioni di procedere con le operazioni via terra. La domanda che ci poniamo a pochi ma pesanti giorni dall'inizio dei bombardamenti, che hanno colpito anche una delle residenze del dittatore Gheddafi, è se ci sono altri mezzi da esperire, strumenti alternativi o combinati che diano un senso di coerenza alle azioni volte alla pacificazione dell'area.

Una risposta plausibile ci viene dalla stessa Carta delle Nazioni Unite, che prevede, oltre al capitolo VII che notoriamente autorizza anche all'uso della forza, anche il capitolo VI, in particolare l'art. 34, che consente al Consiglio di Sicurezza di fare indagini ex post rispetto alla nascita di una controversia, per verificare se vi siano le condizioni reali per andare oltre l’attrito internazionale e riportare la questione su un piano politico. Eppure la richiesta della stessa Unione Africana di inviare una missione di mediazione internazionale composta da rappresentanti di stati africani è stata respinta l'altro ieri dall'ONU. Una decisione ingiustificabile, visti anche i termini con cui l'UA aveva lanciato la proposta, ovvero come un'azione di pieno impegno a coordinarsi ed a collaborare con la comunità internazionale secondo quanto stabilito dalla risoluzione ONU e avendo come obiettivo prioritario quello di percorrere ogni via possibile per una soluzione pacifica della controversia e di prendere in considerazione le legittime aspirazioni del popolo libico.

La comunità internazionale, anche quella che rappresenta la cosiddetta cabina di regia del CDS, non può non tener conto della voce autorevole dell'Unione Africana, che ha da subito manifestato, essendo stata la prima a proporre ufficialmente un cessate il fuoco bilaterale, il giusto approccio ad un processo che coinvolge non solo la Libia, ma molti altri Stati africani, un processo di rivoluzione non violenta che va sostenuto con tutti i mezzi fuorché altra violenza.

Riteniamo sia dunque urgente fermare i bombardamenti, riaprire un tavolo di trattative con la presenza attiva della Lega Araba, dell'Unione Africana e della Conferenza Islamica, realizzare un corridoio umanitario per giungere al più presto ad una pacificazione dell'area.

Dopo aver assistito in questi giorni alle indecisioni degli Stati Europei, alle divergenze tra Francia e Italia in merito al comando delle operazioni, all'impegno a tempo determinato degli USA ed al defilarsi totale nelle ultime ore da parte della Germania, che già si era astenuta al voto della risoluzione ONU, assistiamo oggi all'accordo apparente delle cancellerie dei vari Stati sul coinvolgimento della NATO alla missione.

A nostro parere, e come molti analisti hanno sostenuto, l’intervento dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico potrebbe risvegliare pericolosi sentimenti panarabi che darebbero man forte allo stesso dittatore libico, il quale ha avuto modo di affermare che quella in corso è una nuova crociata dell’occidente contro il mondo arabo.

Il coinvolgimento di parti terze nella gestione della crisi innescatasi introdurrebbe un elemento importante per il superamento della fase di impasse: il ripristino a pieno titolo di un ruolo della Lega Araba e il recupero della partecipazione dell'Unione Africana consentirebbero di evitare di considerare quello in atto come uno “scontro tra civiltà”.

Non possiamo e non vogliamo dimenticare ciò che è accaduto durante e dopo gli ultimi interventi umanitari (Kosovo, Iraq, Afganistan). Non ci arrendiamo all'idea che la vera ricostruzione della libertà di un popolo debba necessariamente passare per lo sfruttamento delle loro risorse , materiali ed immateriali, da parte del consesso di Stati occidentali. Non accettiamo che la Libia diventi un nuovo quartier generale per la gestione degli affari capitalisti in seno alla vasta area geografica che da mesi si sta ribellando agli effetti di repressione politica interna, ma anche di quella economica globale.

Chiedere responsabilità alla comunità internazionale significa chiedere di fare un passo indietro nell'analisi di quanto sta accadendo in molti Paesi del mediterraneo e ripensare all'humus della politica estera condivisa: il mantenimento della pace si può realizzare attraverso politiche permanenti di dialogo e condivisione di interessi, non di prevaricazione economica, sostegno alle dittature e, all'uopo, uso della forza a scopi "umanitari".

L'Italia, sin dal principio delle ostilità in Libia, si è rivelata incapace di svolgere un ruolo responsabile: siamo stati incapaci di farci promotori di un'interlocuzione fra le parti che è necessaria per la realizzazione del "cessate il fuoco". E potevamo farlo proprio in virtù di quegli accordi di amicizia e non belligeranza che, sebbene in maniera controversa, ci vedevano in una posizione "privilegiata" con la dittatura di Gheddafi.

Inoltre le titubanze del Ministro degli Esteri Frattini in merito alla sospensione del rifornimento di armi ci ha posto in una condizione di imbarazzo davanti alla comunità internazionale.

L'Italia dovrebbe farsi ora portavoce di una prospettiva di negoziazione che comprenda l'Unione Africana e la Lega Araba, proprio e soprattutto per il suo passato coloniale in Libia. E dovrebbe, seguendo il precetto dell'art.11, par.3, promuovere e favorire il ruolo di quest'ordine di organizzazione internazionale, ovvero di origine Africana, tra le varie organizzazioni rivolte alla pace e alla giustizia tra le nazioni.

In questa tragica situazione che vede migliaia di profughi provenienti da tutta l'area del Maghreb, il nostro Paese dovrebbe ripensare l'accoglienza ai richiedenti asilo secondo quanto espresso dall'ampia lettera dell'art.10 della nostra Carta costituzionale, che riconosce detto diritto allo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla stessa Costituzione italiana. Contemporaneamente gli Stati membri dell'Unione Europea hanno il dovere di attivarsi concretamente affinché l'azione di soccorso sia congiunta e sia finalizzata a migliorare in tempi ragionevoli le condizioni dei migranti, già duramente provati dalle difficili condizioni di vita dei paesi di provenienza e dal viaggio disumano affrontato per raggiungere le nostre sponde.

Per essere crocevia di pace in tutto il Mediterraneo, l'Italia deve chiedere di fermare i bombardamenti e rilanciare i negoziati di pace. L'ingerenza dei Paesi occidentali potrebbe sfociare in una estremizzazione della posizione libica in senso integralista: un'offesa alla sovranità del popolo libico e una sconfitta per quel vento di democrazia che soffia forte nel nord-Africa. Una opportunità per la pace che non possiamo lasciarci sfuggire.

Sel Andria