sabato 10 marzo 2012

EMANCIPAZIONI INTERROTTE



Impiantata in una situazione del tutto nuova, ho avuto una posizione privilegiata per osservare atteggiamenti vecchi, ma mascherati da una “modernità” effettivamente inesistente, amplificati sensibilmente dall’ambiente poco familiare.
È la giornata internazionale della donna, io sono in una facoltà di Scienza Politiche e le mie colleghe dichiarano solennemente: “Io non celebro una festa sessista!”.
Poi, però, ci sediamo e cominciano a criticare le cosce di una ragazza (peraltro già magrissima), a spettegolare su quell’altra ragazza che si è lanciata sul ragazzo di una sua amica e a ridere divertite a quel collega che ci dice: “donna schiava, zitta e lava!”. Bè, mi sono sentita non poco offesa da questo modo di fare crudelmente femminile.
L’8 Marzo mi sono accorta che i veri sessisti non sono gli uomini, ma proprio noi donne su noi stesse.
Come spugne, abbiamo assorbito un modo di fare e di pensare prettamente maschile e siamo cadute nel tragico tranello che ci ha fatto abbassare la guardia: ci hanno convinte che per essere Donne dobbiamo essere accettate dall’uomo, approvate come oggetti su di una catena di montaggio, giudicate come se fossimo di nascita in errore.
E poi, parliamoci chiaro: non si può sperare che il solo dichiararsi femminista e partecipare a qualche manifestazione possa bastare per la lotta alla parità dei sessi. Veniamo da una tradizione sociale che ha disegnato la donna come emblema della subordinazione e dell’accondiscendenza talmente lunga che non basta usare parole diverse, è necessario buttare il vecchio e fare spazio a nuove basi su cui poggiare una società realmente paritaria.
Se negli anni ’70, a piccoli passi, si era riusciti a procedere verso una soluzione, abbiamo mollato la presa facendoci riporre di nuovo sullo scaffale delle bambole e ci siamo dette che i progressi li abbiamo fatti, ci siamo lasciate dire che comunque non siamo più discriminate come un tempo, che oggi siamo ll’università, a volte ricopriamo cariche prestigiose, perciò non dobbiamo più giocare alle piccole rivoluzionarie, basta, stiamo zitte!
Ebbene, oggi ci guardiamo e ci giudichiamo con gli occhi di un uomo, per piacerci applichiamo la lezione di Mediaset, come Sara Tommasi (bocconiana laureata in economia), la quale ha affermato che investire sul proprio corpo è più conveniente e oggi è imprenditrice di se stessa.
Siamo giunte al punto in cui, per controsenso, per sentirci realmente emancipate siamo disposte a mettere da parte il nostro essere donna e la nostra femminilità (che è cosa ben diversa dalla volgarizzazione del nostro corpo) per indossare abiti maschili, negando la nostra naturale essenza.
Io rivendico il mio diritto ad essere donna nel senso che non voglio più essere posta su di un piedistallo un giorno all’anno, ma voglio poter raggiungere lo stesso gradino di un mio pari maschile senza dover barattare la mia femminilità né tantomeno farne un uso commerciale.
Perciò forza donne, la forza è donna!


Maria Chiara Pomarico

Nessun commento:

Posta un commento